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Visualizzazione dei post da dicembre, 2012

Femminicidio #16

Com'è un campo di concentramento giapponese? Gianna se lo domanda mentre cerca l'ispirazione per scrivere qualcosa sul femminicidio. In India hanno ucciso una giovane donna. Stuprata da sei uomini, su un autobus. Davanti agli occhi del fidanzato. Poi gettata giù in strada, come un animale. Lei, Gianna, in un campo di concentramento giapponese c'era stata, quando suo padre rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò. Strana storia: andare in Giappone per scappare al fascismo ed essere internati per essersi rifiutati di aderire all'ultimo sussulto della dittatura. Cosa c'entra con lo stupro di Damini? Proprio nulla, ma a lei quella domanda ronza nella testa e non se ne va, come la mosca impazzita che sbatte contro il vetro della stanza. Perchè sono passati settanta anni e negli anni duemila, negli anni della tecnologia, dei diritti civili e delle nuove democrazie, è incomprensibile che ci siano ancora simili delitti. Ma le donne non sono rimaste a guardare, si son

La resa dei conti sui femminicidi

Il 19 maggio di questo anno qui iniziavo a monitorare il blog Bollettino di Guerra. Iniziavo molto prevenuto. Il blog è gestito da una certa Mara, forse, nel senso che usa il nick maralibera. Non so nulla di lei, dicono che abiti in una regione del nord e che abbia un compagno. In ogni caso se lei sceglie l'anonimato, tale scelta va rispettata (anche se io ho provato ad immaginare come sarebbe se ci incontrassimo qui . Sto riscrivendolo, non comprate la vecchia edizione. Se proprio vi mando gratis il pdf della nuova provvisoria edizione). In ogni caso, quando giorno per giorno fai il verso a qualcuno, succede che pian piano cominci a capirti, tant'è che, a sorpresa, la Mara viene fuori con una frase del genere: (questo) NON È  un femminicidio! Oibò: quindi cominciamo a ragionare, se quello non è un femminicidio proviamo a vedere se uno degli altri 124 lo è. Anzitutto il problema è cosa è ciò che chiamiamo femminicidio. Ci sono definizioni molto traballanti come quella d

Abbasso Fikasicula

Dopo mesi di tentennamenti mi ero sbilanciato a dire che apprezzo il percorso di Femminismo a Sud. Male me ne incorse, perchè quasi in tempo reale le FAS escono di testa : nel perfetto stile delle ronde fasciste vanno ad attacchinare sulla bacheca di don Mario forti della propria ignoranza e presunzione. Ovviamente Fikasicula è un po' più sgamata qui . Faccio fatica a leggere queste elucubrazioni perchè mescolano cose intelligenti a cortocircuiti logici, a mio parere a causa di una povera osservazione del reale. Provo a decodificare: concedo a miss Fikasicula il parallelo tra il parroco e le femministe autoritarie, in quanto entrambi vorrebbero etero-determinare la gestione del corpo femminile. Ma la similitudine è solo apparente, perlomeno per i tanti don Mario che io conosco. I preti/preti (intendo, i preti convinti di fare i preti, come lo può essere un prete che diventa prete dopo aver fatto una carriera militare come il don in questione, insomma i preti-non-pentiti) anch

Lettera aperta a don Tommaso

Caro don Tommaso premesso che mi stai simpatico a prescindere in quanto è presumibile che tra Tommaso e Tomaselli ci siano delle affinità, riguardo la tua lettera a don Piero qui mi permetterei alcune osservazioni. Anzitutto mi pare imprudente denunciare una qualcerta incompetenza dei preti a parlare di donne a causa dell'ambiente del seminario e della maturità affettiva dei formatori in esso presente e a cui si deve la vostra formazione. Imprudente in quanto, se rendesse incompetente don Piero a parlar male delle donne (sempre ammesso e non concesso che effettivamente don Piero ne abbia parlato male, particolare di cui discuteremo tra breve) renderebbe altresì pure lei altrettanto incompetente a parlarne bene. Pertanto, mi consenta, o siete ambedue competenti o siete ambedue incompetenti, a prescindere. Se invece si dovesse vagliare la storia personale di ogni prete per premiare la sua maturità e dignità sacerdotale, credo che tale compito abbia le proprie autorità predispo

Viva Fikasicula

Ebbene, diciamocelo: con Femminismo a Sud non ho molto da spartire. Non è passato molto tempo da quando le avevo battezzate "paucineuroniche". La distanza che ci separa è incolmabile, me ne rendo conto. Per quel che mi riguarda io sono convinto sostenitore di alcune tesi che per loro sono come il fumo negli occhi. Io sono convinto che per il benessere della donna, dell'uomo, della famiglia e della società, la donna deve sottomettersi all'uomo come la Chiesa a Cristo. Lo dico subito e chiaro, perchè questo passaggio da solo scava tra noi un abisso senza possibili comunicazioni. Eppure con il tempo sono arrivato all'idea che non sono loro la mia principale antitesi. Anzi. Loro sostengono tesi che io faccio fatica a prendere sul serio. Ma alla fine io non ho nulla in contrario al fatto che loro facciano la vita che preferiscono. Non ho nulla in contrario che sognino una società trangender, la liberazione e l'autodeterminazione della donna, la fine del pat

Don Piero: Carfagna e Lipperini

Don Piero Corsi viene attaccato per aver riproposto un post di Pontifex. Gli attacchi che subisce hanno due colorazioni, vediamole. C'è chi ha deciso che il femminicidio è uno dei cavalli da battaglia per la prossima campagna elettorale, mal gliene incolse al povero don Piero di aver sbagliato i tempi. Se proprio in questi giorni non stessero discutendo della data delle prossime elezioni e la parlamentare dei calendari, la più bella ministra del mondo, non sentisse vacillare la poltrona, del volantino appeso alle porte di una parrocchia di periferia non si sarebbe accorto nessuno. Ma la Mara non abbondando di materia grigia, non può lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione di far bella figura senza pensare, ripetendo in automatico luoghi comuni. Non è l'unica, per carità, sennò non si sarebbe esposta, ca va sans dire. Ma è l'emblema, la portabandiera di un certo modo di fare politica e di cavalcare l'onda. Poi c'è la Lipperini. Neppure lei brilla di originalità

Femminicidio #15

  Marina guarda la laguna dal settimo piano del grattacielo al centro di Mestre. È il venticinque dicembre del 2042. Guarda l'orizzonte e pensa a quello che non vede. Non vede il Palais Lumiere, l'edificio avveniristico che lo stilista Cardin avrebbe voluto costruire trenta anni prima. Non c'è, perchè in molti si opposero: perchè avrebbe modificato il paesaggio e perchè ci sono sempre ragioni per opporsi. Quel palazzo non costruito è al di là della storia in un altro mondo. Laggiù non c'è neppure il campanile di San Marco. A centoventi anni dal suo primo crollo è caduto ancora, ma non l'hanno ricostruito, non c'erano più risorse. La prima volta, invece, agli inizi del 1900, le risorse per ricostruirlo c'erano. Vedi un po'! Altre cose sono rimaste, ma solo di facciata: la basilica della Salute è stata acquistata da un ricco sceicco e trasferita pietra su pietra a Dubai. Dobbiamo ringraziare il sindaco perchè è riuscito ad imporre allo scei

Femminicidio #14

  In questi giorni hanno arrestato un cinese, nella mia città. Uno proprio ricco, aveva un grande giro, ho letto. Sembra che facesse soldi in due modi. Modo uno: con l'immigrazione clandestina. Il clandestino sarebbe uno che odia la luce del giorno perciò sta qui tra noi senza le carte oppure ci arriva con carte false e poi in qualche modo si sistema. Il Pan, che sarebbe il nome del cinese arrestato, forniva a questi amanti dell'oscurità indirizzi dove fingevano di avere la residenza e carte che dimostravano che essi tenevano un lavoro regolare qui in Italia. La gente pare davvero scandalizzata e arrabbiata, se la senti parlare al bar. Ma come si permette di far entrare gente in Italia di notte e non alla luce del sole? Bene ha fatto la Guardia di Finanza ad infiltrare un proprio agente e a smascherare il lestofante. Allora, io mi domando, ma che senso ha queste scandalo? Nascere di qua o di là di un segno tracciato tra i monti o sul mare fa di due uomini due raz

Femminicidio #13

  Mi so' figio unico. Nel senso che go quatro sorele, una mare, una neoda e il vecio z'è sempre fòra. Perciò le me coccola e le me vissia: a taola le me serve par primo, magno quel che vogio a le me parecia cafè e dolzetto. Non che la cosa me dispiassa, ansi. In ogni caso sarìa pronto a farne de manco. Me cousin, la zò downtown, el sparecia e el lava anca le scodele. No sèmo miga trulli, savemo ben mettàre el detersivo sora 'na spugna, la spugna sul tegàme, el tegàme sotto l'aqua e dopo sugarlo col strofinasso. Quel ke me rode, a dirla tutta, zè ke quando ke me serve 'na man, le tose le canta l'Ave Maria. Me spiego: capita che da solo certe cose fatigo a farle. Par esemplar: se gò da tagiar un tronco po' essare ke me serva qualchedun che lo tegna fermo, ciò. Magari montandoghe sora, se pò far. Oppure anca se go da tirar zò na quercia vecia, me serve qualchedun ke el tira la soga, chessenò pol essar ke el rovaro el vegna zò dalla parte storta,

Femminicidio #12

Birba: « Che ci facciamo qui? » Amico: « Niente! » B: « Fino a quando dobbiamo restare? » A: « Non so. Fino a quando si spegnerà il sole, temo . O quando l'universo collasserà. » B: « Fino a quando il sole si spegnerà? C i vorranno milioni di anni! » A: « Hai di meglio? » B: « E cosa facciamo? » A: « Niente! » B: « Niente per milioni di anni? » A: « Niente. Parliamo. Pensiamo. Ragioniamo. Forse. Nient'altro » B: « Niente per milioni di anni, qui tutti nudi, in questa penombra senza sole, su questa piazza grigia senza orizzonti! Possiamo almeno raccontarci qualche barzelletta? Indovinelli? Storie? » A: « Oh, sì, certo. Dopo qualche secolo però le barzellette, gli indovinelli e le storie le conosci tutte, e rest er an n o ancora millenni e millenni di attese senza fine » B: « Potremmo guardare le donne nude, almeno? » A: « Guarda, guarda, fin che vuoi. Qui nessuno dice nulla. Basta qualche settimana a toglierti ogni curiosità e ti resta ancora una

Femminicidio #11

Rabindra girò tra le mani i sandali di corda che aveva aggiustato e ne rimase soddisfatto. Poi li calzò per vedere se si adattavano bene ai piedi o se gli davano qualche fastidio. Infine si alzò, completamente nudo nel freddo sole dell’Himalaya. Quei sandali di corda erano il suo vestito da almeno cinque anni. Si stupì di andarne fiero, come se si fosse servito direttamente da Gucci o Armani. Poi prese la forcola e si avviò al lavoro quotidiano. Più o meno cinque anni. Sì, grosso modo, perché per lui il tempo non ha mai avuto un grande significato. Un anno o un secondo non contano nulla di fronte all’unico istante nel quale comprendi il senso della tua vita. Aveva contato in modo approssimativo gli anni riandando con la memoria agli inverni passati e al nome che aveva dato a ciascuno: il gran freddo, i vagabondi, gli uccelli affamati, la neve sottile, la prima strada. Grosso modo quindi da cinque anni lavorava a quella strada, un tempo semi abbandonata, ne aveva allargato le