Don Piero: Carfagna e Lipperini

Don Piero Corsi viene attaccato per aver riproposto un post di Pontifex.
Gli attacchi che subisce hanno due colorazioni, vediamole.
C'è chi ha deciso che il femminicidio è uno dei cavalli da battaglia per la prossima campagna elettorale, mal gliene incolse al povero don Piero di aver sbagliato i tempi. Se proprio in questi giorni non stessero discutendo della data delle prossime elezioni e la parlamentare dei calendari, la più bella ministra del mondo, non sentisse vacillare la poltrona, del volantino appeso alle porte di una parrocchia di periferia non si sarebbe accorto nessuno.
Ma la Mara non abbondando di materia grigia, non può lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione di far bella figura senza pensare, ripetendo in automatico luoghi comuni.

Non è l'unica, per carità, sennò non si sarebbe esposta, ca va sans dire. Ma è l'emblema, la portabandiera di un certo modo di fare politica e di cavalcare l'onda.
Poi c'è la Lipperini. Neppure lei brilla di originalità qui ma perlomeno fa lo sforzo di non pensare con la testa altrui.
Ci sono tante cose da dire anche a Loredana. Ad esempio la definizione di femminicidi: delitti per motivi passionali! A parte che di una nuova definizione non si sentiva bisogno, ritenendo di distinguere in tal modo le donne ammazzate per qualunque altro motivo dai femminicidi, Loredana  evidenzia che quando si parla di femminicidi non si sa di cosa si parla. Infatti è a tal punto insicura di quel che dice, che dice che non sa quanti siano e addirittura che non siamo in grado di saperlo. Beata ingenuità.
In ogni caso dobbiamo riconoscere alla Lipperini il merito, che la Carfagna non ha, di pensare cioè, e di prendere in considerazione anche i ragionamenti che si fanno altrove (quiqui ma anche qui ) e di non prendere per oro colato la truffa sessista.
Va bene, qualche luogo comune lo ripete (ad esempio che le donne non hanno pari diritti in alcun ambito sociale!). Tuttavia il vero limite del pensiero Lipperini è di restare ingabbiato nel totalitarismo manicheo dominante. L'invidiosa ammiratrice delle nere tonache dell'Inquisizione, se mette in discussione la guerra tra generi e il femminismo partigiano a prescindere, non dubita in alcun caso di essere dalla parte giusta e di avere una missione: usare parole e concetti giusti allo scopo di sconfessare coloro i quali la pensano, soft o hard che sia, nel modo sbagliato.
Questa sicumera le impedisce di cogliere l'argomento centrale del ragionamento di Pontifex ripreso da don Piero: che anche le donne sono esseri umani, pertanto anche loro sono responsabili delle proprie azioni, anche le loro azioni in qualche modo producono effetti sugli altri. La follia femminista diffusa pretende invece che il comportamento femminile non abbia alcuna rilevanza nella violenza che le donne subiscono, come se loro, appunto, fossero esseri minorati e irresponsabili. Ciò detto è evidente che don Piero non ha mai pensato di dire che la responsabilità femminile annulla quella maschile: in quanto prete sarebbe difficile anche solo pensarlo. Ha solo e soltanto ricordato che in ogni relazione umana le responsabilità sono almeno tante quante le persone coinvolte.
Perciò don Piero merita tutta la solidarietà di coloro che credono nella ragione, nel pluralismo, nella democrazia. Non solo di quelli che la pensano come lui. Ma anche di tutti coloro che ritengono che anche lui, anche Pontifex e tutti coloro che in un modo o nell'altro la pensano allo stesso modo, hanno il diritto di cittadinanza e di espressione.

Solidarietà, allora, a don Piero. Di tutto cuore.

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