Le ossa e l'anima

Capita in un paesino della Valpolicella che un volenteroso parroco restauri la chiesa. Grandi lavori, l'umidità ha corroso i muri e i pavimenti, il piano stradale si è innalzato di una decina di metri sopra le fondamenta originarie, l'impianto di riscaldamento va demolito e rifatto.

Bravo, molta buona volontà, certo.
Sotto il pavimento si trovano otto casse: sei piene di ossa, due quasi vuote.
Il bravo parroco le fa trasferire al cimitero ed assicura ad esse adeguata collocazione.
Adeguata collocazione?
Ma quale collocazione è più adeguata per le ossa dei nostri morti che la chiesa parrocchiale dove la comunità celebra l'eucarestia nei giorni feriali e festivi?
Di fronte a questi fatti appare chiaro che la fede è svanita anzitutto nei preti: non sono ossa che meritano un pur encomiabile rispetto. Sono le ossa di anime immortali che in questo momento ci guardano dal cielo e partecipano alla nostra vita, condividono le nostre sofferenze, gioie, speranze, tifano per noi, in quella immensa comunione dei santi che è la vita dopo la morte.

Sono le ossa di anime che attendono il grande e glorioso giorno della resurrezione dei corpi:

quando  verrà la nimica podesta:
ciascun rivedrà la trista tomba,
ripiglierà sua carne e sua figura,
udrà quel che in etterno rimbomba.

(Inferno, 6, 93-99)

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