si al si e al no
Non
è giunto colui che cammina. Il pellegrino non è un saggio, non è un
santo. È un amico della saggezza, un amante della santità
La
verità che tu cerchi non sta al termine del cammino. Sta
dappertutto. Sta in te. Te stesso cerchi, o pazzo. E vai a cercarti
lontano!
Infatti
il mio corpo che si trascina nel mondo esterno ignora la verità che
la mia intelligenza ha visto. Voglio mettere i piedi nei passi del
mio pensiero, voglio tastare con le mani ciò che sa il mio sapere,
voglio pesare il mio peso sulla terra promessa delle certezze
spirituali.
Va,
pazzo! mettiti dunque in marcia con tutta la tua vita. E la strada
faccia cantare il tuo corpo di canna secca e le tue gambe di vento.
Principi VII
In La Montée des Ames Vivantes Shantidas propone una sintesi delle teorie cosmogoniche: cos'è la realtà, cos'è il mondo, è eterno o è stato creato? E se è stato creato, perchè?
Questa domanda segna l'inizio del pensiero Occidentale: per Parmenide l'essere è l'unica realtà, ciò che non permane è contingenza, transizione, apparenza; per Eraclito tutto diviene, la vera realtà è il divenire, tutto è relativo. Si tratta in fin dei conti di due monismi: la realtà è una sola, o l'essere in sè o l'essere in divenire. Al monismo si oppone il dualismo manicheo e gnostico: il mondo è malo, è un inganno, una caduta, un errore, la felicità è perciò la fuga, la morte è l'unica vera liberazione.
Lanza del Vasto raccoglie le risposte con un criterio di sostanza piuttosto che storico o filologico.
La prima visione del mondo presentata è quella dei Veda indiani: la realtà è illusione, maja, è un sogno dell'essere che scomparirà al risveglio. Assomiglia per fare un paragone alla visione di Eraclito, ma lascia aperta una difficoltà: possiamo anche accettare che le nostre occupazioni e paure e soddisfazioni quotidiane siano illusioni. Ma come possiamo affermare che il male grande e tragico del mondo sia illusione? L'olocausto al pari della sofferenza innocente dei bambini non sono e non sono mai stati? Se non sono mai stati, che responsabilità si possono attribuire ai carnefici?
La seconda spiegazione è quella della caduta e risale a Plotino e agli gnostici: la luce decade nella materia per un errore o una distrazione di Dio, siamo prigionieri nei nostri corpi come in una prigione oscura dalla quale ci possiamo liberare solo negando il corpo e la materia.
La terza versione è simile alla precedente: per i catari Lucifero, "la creatura ch'ebbe il bel sembiante", complottò contro Dio ma, scoperto, fu relegato nell'angolo più oscuro dell'universo con i suoi quattro complici: gli angeli della Terra, dell'Acqua, del Fuoco e dell'Aria. Un giorno due angeli buoni ma curiosi si avventurarono nel mondo di Lucifero e caddero in un sonno profondo durante il quale Lucifero gettò su di loro una rete e li legò in una stretta guaina. Svegliatisi essi piangevano vedendosi così prigionieri, per cui Lucifero si tramutò in serpente e li convinse a peccare per legarli a sè e al proprio mondo per sempre. Rispetto a manichei e gnostici, i catari nutrono un maggiore sospetto nei confronti del reale: l'essere non solo diviene, non solo è mutevole e illusorio, ma illude e inganna deliberatamente, per scelta e volontà di inganno e perdizione.
La quarta visione è quella che oggi si vorrebbe universale: il mondo è solo materia e non ha mai avuto inizio perchè è eterno. Materialisti, positivisti, esistenzialisti, stoici. Lo stesso Aristotele pone Dio al centro del mondo come il suo eterno motore immobile.
La quarta spiegazione del mondo: è un gioco di Dio, il quale si diverte con la propria creazione, nel creare e nell'osservare gli esseri che si affannano nell'esistenza. Possiamo seguire le varianti di questa visione: l'universo è musica, di note che trovano la loro armonia solo nell'insieme e anche le più acute o le più gravi, incomprensibili se prese da sole, contribuiscono all'armonia dell'insieme. Oppure l'universo è poesia, dove il dolore e la morte contribuiscono al godimento dell'artista. Oppure Dio ha creato per amore. Sarà, può essere, però è difficile, davvero difficile sostenere che certe situazioni di abbandono e male abbiano davvero qualche bellezza, che ci siano uomini che abbiano anche un qualche ultimo riflesso di amabilità. Una qualche plausibilità questa quarta visione la trova nella Gita (uno dei testi fondanti dell'induismo): al principio ebbe luogo il Sacrificio. Quando per gli ebrei Dio creò il cielo e la terra e dove per i cristiani c'era il Verbo, per gli Indù c'era il sacrificio: un modo per entrare nella sostanza dell'essere, laddove il dolore e la gioia si sposano.
La quinta spiegazione: come superamento dell'infinito. Dio, che è vita infinita, come poteva superare Se Stesso se non nel finito? Ecco la dinamica del reale, di cui noi facciamo esperienza ogni giorno: l'attrazione erotica ci attrae verso ciò che è bello, infinito, desiderabile. La carità ci spinge verso ciò che è piccolo, sofferente, rifiutato e disprezzato. Come potrebbe la realtà presentarci queste due facce dell'amore (l'eros e la carità) con la forza con cui ce le presenta, se esse non fossero all'origine stesso del reale?
Ecco cinque grandi visioni del mondo che da millenni travagliano l'umanità.
Possiamo chiudere il discorso su di esse? Ha senso chiuderlo?
Migliaia o milioni di pensatori dall'eccezionale intelligenza si sono confrontati su questo terreno, un po' come il bimbo di cui racconta Sant'Agostino che voleva mettere tutto il mare nella buca scavata nella sabbia con il proprio secchiello.
Sforzo immenso per indagare arcani nascosti da Colui che confonde i sapienti e si rivela ai piccoli. Perchè la verità non è nel pensiero, non è un prodotto dell'intelligenza, ma un incontro, una presenza, una sorpresa che solo il preconcetto e la presunzione possono impedire.
La vita si bilancia tra un contrario e l'altro e nella caduta si perpetua alla ricerca di una verità nella quale si compia. Una verità già presente, data ai semplici: il Regno di Dio è in mezzo a voi.
La ricchezza della vita sta in questa dialettica: il si e il no attraverso i quali giungere alla verità. Il labirinto che è una prova da attraversare e non una obiezione. Le carrube dei porci devono suscitare la nostalgia del padre e non la commiserazione e la rassegnazione.
Quando riconosci Colui per il quale è stato fatto tutto ciò che esiste, comprendi la ragione per cui tutto è stato fatto. Il dono si comprende incontrando Colui al quale è donato.
Ma nessuno è più patetico di colui che sventola il proprio santino vantando di possedere il senso.
Noi non pretendiamo di essere giunti, pretendiamo una sola certezza: che il reale è positivo, il mondo è buono e per vie che non conosciamo giungeremo dove ogni attesa sarà compiuta, quando sarà chiaro il disegno di Colui che scrive diritto con righe storte.
L'uomo di buon senso non pretende di dire l'ultima parola sull'origine dell'universo, ma di toccare con mano il peso delle proprie ipotesi:
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