Triste giro di ruota
SIRENA:
È nella regione di Enod, a oriente di Eden,
Laddove Caino si adagiò a terra, stanco del lungo errare,
Che sorge, costruita dai suoi figli,
Enòch, fatta di blocchi grandi come montagne,
Con mura d'orgoglio e torri violente
Che lanciano al cielo la sua magnifica sfida.
Tutte le arti che abbelliscono la vita
Erano praticate ad Enoch.
Giubal fabbricava lire, organi,
Tubal forgiava e fondeva metalli,
Enos praticava l'arte d'evocare il Nome
Dell'onnipotente con piena efficacia.
Questi trafficanti erano come dei re
I suoi re come degli dei.
Ma, tra tutte, l'arte che più rifioriva
Era quella della guerra:
Tubal fabbricava soprattutto spade e lance,
Giubal preparava tamburi per l'attacco
E trombe per i trionfi.
È un'arte molto più utile
Di quella di produzione di beni di consumo o edile
E che rende più di quella
Della compravendita,
Perchè procura abbondanti bottini
E prigionieri la cui oscura fatica
Frutterà la gloria, la grandezza
E gli agi dei padroni ...
CAM:
Agi e grandezza a simile prezzo
Sarebbero un tormento e una vergogna per noi!
SIRENA:
Cos'hai capito?
Mi riferivo ai secoli passati.
In cui gli umani regnavano sugli umani.
CAM:
D'accordo, mi parli degli angeli!
SIRENA:
Aspetta, andiamo con ordine.
In verità il male della città umana
Fu di combattere e soggiogarsi
Continuamente in guerra con se stessa.
Non appena un re saliva al trono
Per diritto di sangue, i fratelli si dicevano:
Perchè lui?
E lo uccidevano per prendergli il posto,
Poi si ammazzavano tra di loro.
Il superstite, l'assassino di tutti,
Si faceva consacrare re.
Un bel giorno i maggiorenti si sono detti:
A che ci serve un re?
Tolsero al re la corona e la testa
Il loro Consiglio prese il potere per un certo tempo.
Senonché i ricchi, frattanto, acquistavano prestigio e
mormoravano tra loro:
A che pro i maggiorenti?
Lo Stato è un affare
Che siamo in grado di far prosperare.
Presero dunque ai grandi
Il potere, la ricchezza e la vita.
Diritto di vita e di morte fu loro assegnato
In nome della legge del Benessere,
Gioco entusiasmante ma che durò poco.
Alla fine il popolo insorse tuonando:
Perchè mai quei pochi lì?
Siamo noi il numero e la schiacciante maggioranza!
E il loro tribuno urlava:
Sì, il numero sono io, io solo!
E lo dimostrò
Calpestando tutto.
L'esercito, in quel frangente, tornava dalla guerra
Sul rullo dei tamburi, fiero di aver conquistato
Tante terre lontane che aveva però ridotto in fiamme,
Mentre, così facile e desiderabile preda,
La nostra cara patria è qui che ci attende.
Il capitano impalava il tribuno
Applaudito da un'innumerevole folla
E fondava sul diritto del più forte
Un impero destinato a durare
Fintanto che non si presentasse un campione ancor più forte.
E la storia ricominciava da capo.
CAM:
Ben triste giro di ruota!
Triste avvitamento di crimini e di sofferenza!
Ma mi dica, piuttosto, degli angeli!
SIRENA:
...
[Preludio al Noè, di Lanza del vasto, in: Manfredi Lanza, Nuovi Contributi Critici, Il Fiorino, Modena 2012, pg.236-239
È nella regione di Enod, a oriente di Eden,
Laddove Caino si adagiò a terra, stanco del lungo errare,
Che sorge, costruita dai suoi figli,
Enòch, fatta di blocchi grandi come montagne,
Con mura d'orgoglio e torri violente
Che lanciano al cielo la sua magnifica sfida.
Tutte le arti che abbelliscono la vita
Erano praticate ad Enoch.
Giubal fabbricava lire, organi,
Tubal forgiava e fondeva metalli,
Enos praticava l'arte d'evocare il Nome
Dell'onnipotente con piena efficacia.
Questi trafficanti erano come dei re
I suoi re come degli dei.
Ma, tra tutte, l'arte che più rifioriva
Era quella della guerra:
Tubal fabbricava soprattutto spade e lance,
Giubal preparava tamburi per l'attacco
E trombe per i trionfi.
È un'arte molto più utile
Di quella di produzione di beni di consumo o edile
E che rende più di quella
Della compravendita,
Perchè procura abbondanti bottini
E prigionieri la cui oscura fatica
Frutterà la gloria, la grandezza
E gli agi dei padroni ...
CAM:
Agi e grandezza a simile prezzo
Sarebbero un tormento e una vergogna per noi!
SIRENA:
Cos'hai capito?
Mi riferivo ai secoli passati.
In cui gli umani regnavano sugli umani.
CAM:
D'accordo, mi parli degli angeli!
SIRENA:
Aspetta, andiamo con ordine.
In verità il male della città umana
Fu di combattere e soggiogarsi
Continuamente in guerra con se stessa.
Non appena un re saliva al trono
Per diritto di sangue, i fratelli si dicevano:
Perchè lui?
E lo uccidevano per prendergli il posto,
Poi si ammazzavano tra di loro.
Il superstite, l'assassino di tutti,
Si faceva consacrare re.
Un bel giorno i maggiorenti si sono detti:
A che ci serve un re?
Tolsero al re la corona e la testa
Il loro Consiglio prese il potere per un certo tempo.
Senonché i ricchi, frattanto, acquistavano prestigio e
mormoravano tra loro:
A che pro i maggiorenti?
Lo Stato è un affare
Che siamo in grado di far prosperare.
Presero dunque ai grandi
Il potere, la ricchezza e la vita.
Diritto di vita e di morte fu loro assegnato
In nome della legge del Benessere,
Gioco entusiasmante ma che durò poco.
Alla fine il popolo insorse tuonando:
Perchè mai quei pochi lì?
Siamo noi il numero e la schiacciante maggioranza!
E il loro tribuno urlava:
Sì, il numero sono io, io solo!
E lo dimostrò
Calpestando tutto.
L'esercito, in quel frangente, tornava dalla guerra
Sul rullo dei tamburi, fiero di aver conquistato
Tante terre lontane che aveva però ridotto in fiamme,
Mentre, così facile e desiderabile preda,
La nostra cara patria è qui che ci attende.
Il capitano impalava il tribuno
Applaudito da un'innumerevole folla
E fondava sul diritto del più forte
Un impero destinato a durare
Fintanto che non si presentasse un campione ancor più forte.
E la storia ricominciava da capo.
CAM:
Ben triste giro di ruota!
Triste avvitamento di crimini e di sofferenza!
Ma mi dica, piuttosto, degli angeli!
SIRENA:
...
[Preludio al Noè, di Lanza del vasto, in: Manfredi Lanza, Nuovi Contributi Critici, Il Fiorino, Modena 2012, pg.236-239
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