Il buco 4


Il buco 4

Il cellulare ha finito la carica, non so più che ore siano. Forse mezzanotte, forse le due. Sono stanco e di tanto in tanto mi accorgo che assopisco. La voce di Luisella mi coglie di sorpresa: «Ho freddo.» Faccio per sfilarmi la giacca ma lei mi interrompe: «Non se parla neppure, almeno di questo dobbiamo essere convinti: che femminismo e cavalleria sono incompatibili!»
Mi si avvicina dunque e mi si raggomitola addosso, con la mia giacca ci copriamo ambedue, con la sua giacca si copre le lunghe gambre lasciate nude dalla minigonna e dai collant ammucchiati in un angolo dell'ascensore inzuppati della nostra orina.
Il calore del suo corpo mi penetra e mi accorgo che un po' di freddo lo avevo anch'io. Da quanti anni non stringo così una donna, da quanti anni non ne sento il cuore e il respiro? L'amore delle prostitute è un amore senza tenerezza, consumato anonimo e in fretta. Luisella tra le mie braccia è come un concentrato di tutta la tenerezza che è mancata ai rapporti mercenari di questi anni. Della tenerezza che mia moglie mi ha rubato una vita fa.
È una sensazione senza nome, respiro il profumo dei suoi capelli, con le mani le accarezzo le gambe come se le volessi riscaldare. Mi addormento ancora e mi risveglio, una, due tre volte. Nel crepuscolo tra veglia e sonno Luisella si trasforma, non è la mia dipendente, non è quella donna colta, eccezionale, poliglotta, non è la femminista nostalgica, l'avvocata di poveri e sconfitti. Luisella è il concentrato della femminilità dell'universo, la donna che pervade le stelle della via lattea e gli abissi dell'oceano, colei che canta nel fragore delle cascate e colora le ninfee delle paludi.
Nel dormiveglia cerco di rimanere immobile per non svegliarla, perche non finisca questa sensazione stupenda, di avere lei tra le mie braccia quasi fosse una bambina.
Mentre penso a tutto questo, al destino bizzarro che ci stringe l'uno all'altra, lei si scuote, alza la faccia cercando le mie labbra, poi mi bacia con forza come un assetato si getta sul pozzo.
Non siamo due persone intrappolate in uno striminzito ascensore, vittime di una fatalità o di uno scherzo pesante, siamo due lampi di luce nell'universo.
Facciamo all'amore come due adolescenti, lei urla nello spasimo, la sento contorcersi, sento i suoi muscoli contrarsi tra le mie mani, ansima, delira. Poi in un lampo veniamo: lei inarca ancora la schiena quasi ad impriginarmi per sempre, poi mi si stringe addosso. Siamo entrambi sudati e senza fiato. Il sonno dopo l'amore è molto diverso da quello prima o senza amore. La mente scivola via lieta, grata, leggera, libera come una foglia.
Ci riaddormentiamo ancora di un sonno profondo, senza sogni, senza pensieri, senza attese né rimorsi.
Un rumore metallico mi sveglia: l'ascensore si muove. Luisella è la prima ad aferrare la situazione: balza in piedi e si ricompone meglio che può. Siamo sempre al buio, sembra che ci stiano spostando a mano. Cerco anch'io di infilare la camicia nei pantaloni e di chiudere la cerniera rendendomi presentabile al mondo di fuori.
Quando la porta si apre la luce piena del giorno ci abbaglia. Coprendoci gli occhi con l'avambraccio ci gettiamo avanti.
Ah dotto', che ci fate qua? Non sarete rimasti dentro tutta la notte, spero?” Un operaio vorrebbe una spiegazione o forse cerca una scusa.
Tiriamo dritti verso l'uscita senza aprire bocca.
«Vieni, ti accompagno»«No, vado in autobus»«Non se ne parla neppure: guarda in che condizioni sei. Pensa se incroci qualche conoscente.»
Mi segue, saliamo sul SUV, mi dà l'indirizzo di casa, attraverso le strade invase dal traffico frenetico e allegro del sabato mattina la porto fino a casa. Apre la portiera e scende. Prima che richiuda la guardo negli occhi e le dico a voce bassa: «È stata una bella notte.»«Sì, una bella notte», conferma lei senza ironia guardandomi negli occhi.
Guido fino a casa mia, all'appartamento dove mi sono ridotto dopo che mia moglie mi ha buttato fuori dalla mia vera casa.
Portone, scale, ingresso, bagno, doccia.
Mi lascio andare ad un sonno ricreatore e mi risveglio qualche ora dopo. Sono circa le tredici. Torno in ufficio. Per strada mangio un kebab dai marocchini.
Ci sono ancora gli attrezzi degli operai davanti all'ascensore, ma quelli sono in pausa pranzo. Un grande cartello avvisa che tra venerdì e sabato sarebbe stata fatta una manutenzione straordinaria e invitava ad usare le scale. Salgo in ufficio, accendo il PC e mi connetto con la sorveglianza. Scorro le immagini della telecamera puntata sul piano dove la sera prima io e Luisella siamo entrati nell'ascensore.
Ad un certo momento ecco lo stesso cartello che ho appena visto al piano terra. Fermo le immagini e torno indietro finchè il cartello sparisce. Fermo ancora e torno avanti in cerca del momento esatto in cui scompare.
Quello che vedo non mi sorprende. Dorotea passa davanti alla porta e lo toglie con un movimento leggero. Qualche minuto dopo io e Luisella entriamo. Io mi giro e faccio l'occhiolino a Dorotea. Ieri. Quando la incontrerò, lunedì, le farò ben altro. Resta ancora da capire come abbia potuto togliere la corrente proprio mentre noi eravamo dentro. Ma è una donna piena di risorse e me lo spiegherà.
Esco a passeggiare nelle vie piene di sole, tra la folla che festeggia il fine settimana. L'ha fatta grossa, Dorotea, non c'è dubbio. Eppure sorrido: non riesco ad arrabbiarmi. Una bella notte, continuo a ripetermelo: è stata una bella notte.
Faccio il punto della situazione. Avevo alcuni programmi per oggi. Ovviamente saltati. Forse potrei comunque cominciare a rivedere quella relazione, ormai è tarda per finirla, ma il lavoro fatto è fatto e comunque ti porta avanti di poco o tanto. Continuo a passeggiare. Non mi sono mai accorto che il sole scotta tanto. Sono solo nella luce accecante, la folla che mi scivola a destra e sinistra è fatta di fantasmi, ombre vane.
Continuo a ripassare mentalmente la mia agenda.
Domani devo andare alla cresima del figlio del giudice XY. Amici di famiglia, siamo cresciuti insieme, prima di separarmi io e mia moglie andavamo spesso a cena da loro. Forse ci sarà anche mia moglie. Una nuvola inattesa oscura il sole.

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