Il buco 3
Comincio
ad essere stanco di stare in piedi e decido di lasciarmi scivolare
sulle pareti dell'ascensore fino a sedermi. Luisella fa lo stesso, ci
dobbiamo arrangiare per incrociare le gambe ed evitare i suoi tacchi
sul mio inguine. Che cosa succeda là fuori comincia ad
impensierirmi: ci vuole tanto a rintracciare l'assistenza? A mettere
in funzione un generatore d'emergenza? O eventualmente ad aprire
manualmente le porte?
Penso
che se è stata Dorotea a combinare il tutto, sta superando i limiti
dello scherzo simpatico e faremo i conti appena uscirò. D'altra
parte al momento non posso verificare nulla, anzi, continuando ad
accendere il cellulare per controllare l'ora e se ci sia rete, sto
consumando la batteria. Credo che l'ipad di Luisella sia già
scarico, perchè non lo estrae più dalla borsetta.
Da
alcuni fori dal fondo salgono spifferi di aria gelida che odora di
olio. Forse è un po' fastidiosa ma almeno non corriamo il rischio di
finire l'ossigeno.
«Raccontami
di tua moglie: perchè vi siete separati?»
«Non
è un argomento semplice, potremmo parlarne per ore e forse potremmo
anche farlo, vista la situazione. Tanto per riassumere diciamo che la
questione è proprio quel femminismo di comodo di cui dicevamo prima,
l'ideologia donnista che scardina i rapporti tra i sessi e sfascia le
famiglie. Insomma: una coppia non può stare in piedi quando la donna
pretende di mettere i piedi in testa all'uomo e di comandarlo a
bacchetta.»
«Ma
non ti rendi conto che stai facendo discorsi di un'altra epoca, che
sei fuori della storia? Come puoi pretendere che la donna sia ancora
sottomessa all'uomo? Credo che sia proprio il tuo maschilismo ad aver
fatto saltare il tuo matrimonio.»
«Lo
sapevo che era un argomento difficile e non ho nessuna speranza di
farti cambiare idea. D'altra parte oggi anche la maggioranza dei
cattolici è su posizioni simili alle tue su questo punto. Però mi
devi dire una cosa: hai mai visto un'auto con due volanti o una nave
con due timoni? Nessuno ti obbliga a salire su quella nave, ma una
volta salita devi accettare che ci sia un timoniere. Puoi discutere a
chi spetti il compito, puoi anche pretendere che sia la donna, ma non
si viaggia, non ci si muove se non c'è uno e uno solo che guida. Non
c'è nulla da fare.»
«Quindi
può anche essere la donna a comandare?»
«Non
c'è dubbio. Ma noi non ci siamo divisi perchè lei voleva comandare,
bensì perchè lei voleva che io decidessi quello che voleva lei.
Cioè io dovevo pensare con la sua testa. Dovevo essere io a decidere
e lei a pensare. Le donne sono fantastiche con questi giochetti: sei
libero di fare ciò che voglio io. Insomma, le dicevo, o fai quello
che decido io o decidi tu e io mi adeguo, ma non possiamo discutere
per giorni o mesi e stare sempre fermi perchè non arriviamo ad una
scelta comune. Perchè in una società di due persone, come è la
famiglia, le cose sono due: o sono miracolosamente d'accordo, o sono
banalmente in disaccordo con una maggioranza spaccata esattamente a
metà. Nelle società e nei consigli di amministrazione si cerca di
evitare i votanti pari, e se proprio non si riesce si stabilisce che
in caso di parità il presidente vota doppio. La famiglia, con un
numero di consiglieri obbligatoriamente pari, deve avere il suo modo
per uscire dal voto pari.»
«Mi
rendo conto che si può scoprire che si hanno punti di vista diversi
e allora è meglio chiudere. Ma mi stupisco che tu abbia pensato
anche solo di cominciare, che una storia di coppia così potesse
funzionare.»
«Perchè
tutto il mondo la pensa diversamente? Non mi sembra una ragione
sufficente. Anzitutto perchè una donna cattolica in quanto cattolica
queste cose dovrebbe saperle da sola. Non dovrebbe essere il marito a
imporle o suggerirle. Io faccio fatica a capire come si possa essere
cattolici rinnegando una parte così importante del Vecchio e del
Nuovo Testamento, dei Padri della Chiesa, della tradizione. Non lo
capisco. In ogni caso al nostro matrimonio leggemmo proprio quel
passo di San Paolo che dice che le donne devono rispettare i mariti e
quel brano lo scelsi io per cui non può neppure dire che non
conosceva il mio punto di vista.»
«Scusa
ma quella è una cultura che non conosco proprio. Cosa dice San
Paolo, che le donne devono obbedire? O hai detto rispettare?»
«In
quel brano che abbiamo letto diceva “rispettare”. Poi non so se
sia la traduzione migliore, non sono un teologo. Ma alla fine non
cambia molto: obbedire viene da ascoltare. Si obbedisce perchè si
ascolta qualcosa che è contro la propria emotività, o anche si
ascolta qualcosa che invia verso qualcosa d'altro. Anche il rispetto
ha a che fare con l'ascolto. Si ascolta la persona che si rispetta,
si cerca di capire il senso di quello che dice. Vedi, con mia moglie
era da anni che non mi capitava di parlare come stiamo parlando noi
due adesso, che non avevo la sensazione che lei mi ascoltasse e
capisse e rispettasse.»
«E
cosa dice San Paolo dei mariti, qual è il loro compito?»
«Di
amare le proprie mogli. Buffo, vero? Come si può pensare che un
marito possa non amare la donna che ha scelto e sposato proprio
perchè ne era innamorato? Eppure credo che si tratti di una
profondità impressionante: per un uomo è tanto difficile amare una
donna a lungo quanto per una donna rispettare a lungo un uomo.»
Luisella
tace e anch'io ripenso a quelle cose che mi sono ripetuto tante volte
per spiegarmi perchè il mio matrimonio sia fallito e che per la
prima volta dico a qualcuno, in una situazione così anomala, io e
lei soli nel buio, soli nell'universo.
«Hai
amato tua moglie? La ami ancora?»
«Ho
tentato, tento. Non è facile amare chi ti fa del male
deliberatamente, chi gode nel vederti soffrire. Ma d'altra parte il
Vangelo è questo: amare i propri nemici.»
«Tua
moglie è il tuo nemico? Perchè continuare a stare insieme ad una
donna che senti come nemico?»
«Perchè
questa è la volontà di Dio. Non insieme finchè si è innamorati,
ma finchè morte non separi.»
«Sono
cose molto distanti dal mio mondo, cose che non comprendo. Il mio
orizzonte è la libertà, l'autodeterminazione. Che senso ha restare
legati a rapporti che ti condizionano, ti limitano, ti impediscono di
vivere e crescere ed essere felice? Che senso ha un dio che ti
costringe in legami che ti fanno infelice e fanno infelici gli altri?
Eppoi dove sono i cattolici che prendono sul serio questi impegni?
Neppure tu. Chi ha deciso alla fine la separazione? Tu o lei?»
«Lei.
È stato un crescendo di litigate e urla e minacce. Un giorno si sono
presentati i carabinieri e mi hanno notificato il decreto del giudice
che mi proibiva di avvicinarmi a mia moglie e di frequentare gli
stessi ambienti e mi imponevano di cercarmi un altro tetto. La legge
sullo stalking, hai presente?»
Luisella
tace, sembra che annuisca a quel che dico. «Anche mio marito ha
cercato di uccidermi, quello che ho sposato molto giovane e con cui
ho fatto mia figlia. Ho impeigato molto tempo a decidermi a lasciarlo
e me ne pento, avrei dovuto farlo prima, avrei risparmiato sofferenze
a me, a lui e a mia figlia.»
«Io
non ho cercato di uccidere mia moglie», preciso.
«Si,
era per dire, immagino, ti conosco, non sei il tipo. Era per dirti
qualcosa di me, delle mie ferite.»
«Luisella,
ho un problema»«Dimmi»«Non ce la faccio più, mi scappa tanto la
pipì, la devo fare.»
Ci
alziamo, mi metto verso la porta dell'ascensore e cerco di dirigere
il getto verso la fessura tra le porte che palpo con le dita.
L'operazione non riesce alla perfezione e sento l'urina che cola in
parte sulla porta e in parte sul pavimento dell'ascensore mentre
l'odore denso e pesante si diffonde ovunque.
Forse
stimolata dal rumore o dall'odore, anche lei dice che ha lo stesso
problema, ma è più complicato soddisfarlo. La sento che armeggia e
mi rendo conto che si sta togliendo i collant, poi si accuccia
cercando di centrare la fessura tra le porte. L'odore della sua orina
si mescola al mio. Poi la sento ancora agitarsi là in basso: con i
collant sta pulendo il pavimento.
La
sento che ride: «Dottore che situazione, ma si rende conto dei
livelli di sicurezza della sua azienda? Per non parlare dei servizi!»
Cerco
di resistere e restare in piedi, ma il tempo passa e la stanchezza mi
opprime. Mi decido a sedermi.
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