Tedeschi lavoratori
Su Libero di oggi si vorrebbe sfatare un luogo comune: che gli italiani sono scansafatiche e i tedeschi lavoratori: conti alla mano noi lavoriamo di più, 34 e passa ore alla settimana!
Solito cortocircuito italiota: il problema non è quanto tempo passa tra una timbratura e l'altra del cartellino. Il problema è quanto produci in quell'intervallo!
A parte le frodi occulte o manifeste o manifestate, di cui Striscia ci ha recentemente edotti. A parte coloro che tra una timbratura e l'altra scaldano i tavolini del bar o la sedia dell'ufficio. il problema della produzione dell'italiano medio va oltre la moralità dello stesso. Non ci sono motivi per considerare noi più pigri dei tedeschi.
Abbiamo il dovere politico, istituzionale e sociale di pensare la produttività delle nostre ore di lavoro. Nostre in senso ampio. Le ore dell'operaio e dell'impiegato sono anche ore mie, sono ore nostre.
Una autentica responsabilità politica e sociale non può ignorare la produttività di quelle ore. Per il bene di tutti.
L'impiegato che si rende conto di agitare l'aria, non vive bene il proprio lavoro. Non sono affatto convinto che porsi il problema della produzione sia un atteggiamento anti-sindacale e ostile ai lavoratori. Affatto.
Dobbiamo analizzare ogni singolo lavoro con lucidità e creatività, un po' come lo slogan di un Consorzio Agrario: per dare ad ogni zolla di terra la massima produttività.
A pensare ad ogni singolo esempio vengono in mente molti modi. Ciascuno però dovrebbe limitarsi a ciò che conosce bene. Per quanto mi riguarda e conosco, mi domando: che senso ha rifare ogni mese le ricette ad un paziente in terapia cronica?
Se uno deve prendere a vita un anti-aritmico o un anti-ipertensivo, finchè funziona e non ci sono variazioni, perchè rifare la ricetta. Gli si consegni un certificato che vale a vita, che lui presenti in farmacia finchè lo ritiene, per un anno, per dieci, per venti. Con una sola mossa avremmo liberato i medici di base del cinquanta per cento del loro lavoro, i pazienti di ore e ore in sala d'attesa ogni mese.
Estendendo questo esempio ad ogni altro settore, forse le nostre ore di lavoro settimanale crollerebbero ben sotto le trentaquattro propagandate da libero, ma l'Italia avrebbe fatto un balzo innanzi dal punto di vista economico e produttivo.
Solito cortocircuito italiota: il problema non è quanto tempo passa tra una timbratura e l'altra del cartellino. Il problema è quanto produci in quell'intervallo!
A parte le frodi occulte o manifeste o manifestate, di cui Striscia ci ha recentemente edotti. A parte coloro che tra una timbratura e l'altra scaldano i tavolini del bar o la sedia dell'ufficio. il problema della produzione dell'italiano medio va oltre la moralità dello stesso. Non ci sono motivi per considerare noi più pigri dei tedeschi.
Abbiamo il dovere politico, istituzionale e sociale di pensare la produttività delle nostre ore di lavoro. Nostre in senso ampio. Le ore dell'operaio e dell'impiegato sono anche ore mie, sono ore nostre.
Una autentica responsabilità politica e sociale non può ignorare la produttività di quelle ore. Per il bene di tutti.
L'impiegato che si rende conto di agitare l'aria, non vive bene il proprio lavoro. Non sono affatto convinto che porsi il problema della produzione sia un atteggiamento anti-sindacale e ostile ai lavoratori. Affatto.
Dobbiamo analizzare ogni singolo lavoro con lucidità e creatività, un po' come lo slogan di un Consorzio Agrario: per dare ad ogni zolla di terra la massima produttività.
A pensare ad ogni singolo esempio vengono in mente molti modi. Ciascuno però dovrebbe limitarsi a ciò che conosce bene. Per quanto mi riguarda e conosco, mi domando: che senso ha rifare ogni mese le ricette ad un paziente in terapia cronica?
Se uno deve prendere a vita un anti-aritmico o un anti-ipertensivo, finchè funziona e non ci sono variazioni, perchè rifare la ricetta. Gli si consegni un certificato che vale a vita, che lui presenti in farmacia finchè lo ritiene, per un anno, per dieci, per venti. Con una sola mossa avremmo liberato i medici di base del cinquanta per cento del loro lavoro, i pazienti di ore e ore in sala d'attesa ogni mese.
Estendendo questo esempio ad ogni altro settore, forse le nostre ore di lavoro settimanale crollerebbero ben sotto le trentaquattro propagandate da libero, ma l'Italia avrebbe fatto un balzo innanzi dal punto di vista economico e produttivo.
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